Immagine storia capoeira rimpicciolita

 

 

Storia della Capoeira: le origini storiche, culturali ed etimologiche

Raccontare il percorso che ha portato alla nascita della Capoeira è una questione molto complessa. In primo luogo, in quanto si tratta di una storia che si è tramandata principalmente per via orale. Inoltre, il suo sviluppo è strettamente intersecato con la memoria delle tratte coloniali schiaviste, i cui documenti sono stati distrutti per volere del governo brasiliano in seguito all’abolizione della schiavitù. Si tratta, infine, di una pratica estremamente complessa, al cui interno si intrecciano tracce provenienti da differenti tradizioni culturali: africane, amerindie, islamiche e portoghesi.


Quel che è possibile dire, è che essa è stata creata dalle persone che sono state schiavizzate in Africa e deportate in Sudamerica ad opera dei portoghesi. La radice africana è dunque indubbiamente quella e i suoi segni si possono ritrovare tanto nell’utilizzo della disposizione a cerchio, quanto nell’importanza assegnata alla musica percussiva. In particolare, diversi studiosi suppongono che alla base della Capoeira ci potrebbe essere almeno in parte il ricordo di una pratica rituale del sud dell’Angola chiamata Ngolo Ngolo o, anche, “Danza della Zebra”. In questa danza gli uomini si sfidavano tra loro dimostrando la propria destrezza dell’eseguire calci saltati spettacolari. Non stupisce quindi che sia usanza comune tra molti capoeiristi e capoeiriste esperti di andare in Africa per riscoprire le radici della Capoeira.


È però interessante notare che il termine “Capoeira” sembra invece provenire da una lingua indigena del Sudamerica, il Tupi-Guaraní. In questa lingua, l’espressione ka’a puera può infatti essere tradotta come “terreno in cui gli alberi sono stati tagliati”, cioè quei luoghi intorno alle piantagioni ed agli accampamenti in cui si ipotizza che le persone schiavizzate praticassero ciò che nel tempo si sarebbe evoluto in Capoeira. L’utilizzo di vocaboli amerindi per identificare questa pratica fa quindi pensare che si siano sviluppate delle alleanze tra indios e persone provenienti dall’Africa.


Nella propria opera di deportazione, i portoghesi hanno fatto di tutto per riuscire a demolire l’eredità africana di cui le persone schiavizzate si facevano portatrici, volendo in questo modo ridurre al minimo le possibilità che esse si alleassero per ribellarsi. Hanno quindi diviso le persone provenienti dagli stessi villaggi, creando così gruppi eterogenei di persone senza una lingua o una cultura in comune e, spesso, di popolazioni in guerra fra loro. Per la medesima ragione, ogni manifestazione religiosa di matrice africana veniva severamente punita. Allo scopo di aumentare la produttività delle persone schiavizzate, i portoghesi iniziarono a lasciare loro alcuni momenti di svago in cui riunirsi. Durante questi raduni era comune che venisse dato vita a jam sessions, chiamate Batuque, con strumenti musicali di fortuna e a danze. Potrebbe quindi essere una forma embrionale di Capoeira.


Ciò che i portoghesi non compresero è che queste non erano unicamente occasioni di divertimento, bensì contribuirono alla costruzione di nuove basi affettive e culturali comuni nelle relazioni fra queste persone. Musica e danze avevano ed hanno infatti una valenza molto profonda sia da un punto di vista sociale che da un punto di vista spirituale. Inoltre, questi momenti offrivano anche la possibilità di allenare il corpo per la lotta e la fuga. Fu in queste occasioni che, con molta probabilità, nel tempo venne a svilupparsi anche un sistema di lotta con cui riconquistare la propria libertà. Era tuttavia necessario celare questo intento rivoluzionario, risultato raggiunto attraverso l’aggiunta della musica, che permise di travestire questa lotta in una forma di danza.


 

 

Storia della Capoeira : dalla fine della schiavitù ai giorni nostri

Dopo 300 anni dall’inizio delle tratte schiaviste e dopo le molte battaglie combattute da uomini e donne afrodiscendenti per ottenere la propria libertà, ebbe inizio in Brasile un processo lungo quasi 40 anni di riforme per abolire la schiavitù:


4 settembre 1850 - Lei Eusébio de Queirós (legge imperiale n. 581): criminalizzazione della tratta schiavista.


28 settembre 1871 - Lei do Ventre Livre (legge imperiale n. 2040): libertà per tutti i nuovi nati


28 settembre 1885 - Lei Saraiva-Cotejipe o Lei dos Sexagenários (legge imperiale n. 3270): libertà per le persone di più di 60 anni attraverso il pagamento di un “rimborso” ai padroni.


13 maggio 1888 - Lei Aurea (legge imperiale n. 3353): abolizione della schiavitù.


Si trattò, tuttavia, di un intervento di facciata, che poco fece per migliorare le condizioni di vita di queste persone. Con questa libertà unicamente formale, infatti, queste persone vennero semplicemente gettate in strada senza alcun rimborso, senza denaro, senza una casa e, di fatto, senza un futuro. Le strade rimaste aperte erano dunque ben poche: unirsi ai Quilombos, cioè comunità indipendenti nascoste nelle foreste create da indios e persone fuggite alla schiavitù, tornare a lavorare sottopagati alle dipendenze degli ex-padroni, oppure darsi alla criminalità.


Poiché molte delle persone che si diedero alla criminalità utilizzavano proprio la Capoeira come mezzo di attacco, il governo brasiliano approfittò di questa associazione per rendere illegale la Capoeira e gettare lo stigma su chiunque la praticasse. Ciò non impedì a quello stesso governo di continuare a reclutare capoeiristi per utilizzarne le capacità nella lotta corpo a corpo per scopi bellici, capacità che già avevano dimostrato nella guerra contro il Paraguay. Restava quindi uno spiraglio per il riconoscimento sociale del valore della Capoeira, tanto che già nel 1907 iniziò a girare un opuscolo che parlava della Capoeira come ginnastica del Brasile.


Nel 1928 Anibal “Zuma” Burlamaqui pubblica un pamphlet in cui codifica 28 movimenti caratteristici della Capoeira, creando uno dei primissimi esempi di fonte scritta in cui tale pratica venisse sistematizzata. Fu però nel 1930 che la Capoeira venne effettivamente decriminalizzata, grazie all’opera di Mestre Bimba, cioè Manoel dos Reis Machado, che convinse il generale Vargas a lasciargli fondare la prima accademia di Capoeira.


Con questo riconoscimento legale, la Capoeira ebbe modo di guadagnare una fama sempre crescente e di iniziare a diffondersi nel mondo. Questo processo culminò prima nel 1974, anno in cui questa arte marziale venne riconosciuta come sport nazionale del Brasile, e poi nel 2014, cioè quando essa venne inserita tra i patrimoni artistici immateriali protetti dall’UNESCO.


La complessa e sofferta storia della Capoeira testimonia come questa pratica sia venuta ad assumere una profondissima valenza culturale in Brasile, diventando un simbolo di speranza, di liberazione e di lotta contro le oppressioni.